I fasci dei lavoratori e la strage di Giardinello
Ultima modifica 12 giugno 2024
Agli inizi del 1890 in Sicilia cominciarono a manifestarsi segni del disagio e del mancontento dei lavoratori a causa della miseria, dell'esosità delle tasse, delle precarie condizioni di lavoro e del mal governo. Tutto ciò portava il povero ad non avere nessuna speranza di giustizia sociale. Da questa situazione nacque il detto "la furca è sempri pi li puvurieddi". Come strumento di lotta contro i datori di lavoro e il governo sorsero, un pò ovunque nell'isola, i fasci dei lavoratori. Anche a Giardinello, che contava appena 814 abitanti, il 13 novembre 1893 nasceva il fascio dei lavoratori e veniva eletto come presidente il contadino G.di Piazza. Fu proprio a Giardinello che avvennero i fatti più luttuosi di quei giorni che ebbero un'eco vastissimo in tutta la Nazione. Subito dopo l'elezione a presidente, G.di Piazza aveva presentato una richiesta di riduzione delle tasse sul focatico, sulle vetture e sui dazi di consumo. Il Sindaco Angelo Caruso dopo la promessa di provvedere almeno in parte, aveva adottato nei ruoli maggiore rigore e iniquità. La prima esplosione di malcontento si ebbe il 3 dicembre 1893 con la dimostrazione di protesta contro il Sindaco che aveva firmato una convenzione con il Duca D'Aumale per le acque della sorgiva scorsone senza che fosse stato costruito il lavatoio pubblico promesso dal duca, lavatoio che era indispensabile per i bisogni della popolazione. Tale manifestazione in realtà segui quella che alla fine di novembre avevano inscenato spontaneamente molte donne del paese. La domenica mattina del 10 dicembre 1893 si formò un ulteriore corteo che al grido di "abbasso le tasse,abbasso il municipio" si recò al palazzo municipale mentre una delegazione del fascio fu ricevuta dal Sindaco che alle richieste dei dimostranti rispose dando la colpa ai consiglieri, e li congedo dicendo che lui se ne sarebbe lavato le mani e che potevano fare il diavolo a quattro ma non si sarebbe disturbato per questo. I dimostranti continuarono la protesta sotto il balcone del Sindaco, allora la moglie gettò un secchio d'acqua dicendo: "li rinfrescherò io questi cornuti". A quel punto la folla si recò al palazzo municipale devastando e incendiando gli uffici risparmiando l'anagrafe e l'ufficio catastale. La locale pattuglia dei carabinieri richiese rinforzi a Montelepre da dove giunsero 23 uomini di truppa e 6 carabinieri al comando del sottotenente dei bersaglieri Cimino, il quale tentò di calmare i dimostranti. A questo punto non si sa bene come partì un colpo di wetterly, a cui seguirono altri spari contro la popolazione che fecero 10 morti e molti feriti. dopo la strage venne compiuto un nuovo delitto nel primo pomeriggio, il sacerdote G.De Luca notava i cadaveri di Salvatore Nicosia, messo comunale, ucciso a colpi di wetterly e di sua moglie uccisa a coltellate. Il paese venne occupato militarmente da uno squadrone di cavalleria mentre i dimostranti si erano sbandati per la campagna, e il Sindaco riusciva fortunosamente a raggiungere Palermo dove alloggiò presso L'Hotel Vittoria. Dalle indagini emerse che sul corpo dei cadaveri potevano distinguersi quattro tipi di proiettili e che i primi colpi furono sparati dalla casa di Francesco Caruso, fratello del Sindaco e dalla casa di quest'ultimo da parte della guardia campestre Girolamo Di Miceli. Il processo celebratosi presso il tribunale militare di Trapani dal 7 al 10 marzo 1894 si concluse con l'assunzione per insufficienza di prove di Girolamo Di Miceli, la non incriminazione del Sindaco Angelo Caruso e con la condanna all'ergastolo dei tre dirigenti del disciolto fascio. Le autorità, quindi non seppero trovare colpevoli tra coloro che spararono ma li trovarono tra i poveri manifestanti. ecco il testo del telegramma inviato a Roma l'11 dicembre 1893 alle ore 15:30 al deputato Napoleone Colajanni: "Ieri a Giardinelli piccolo paese vicino a Montelepre, mentre il popolo dimostrava domandando la diminuzione delle tasse, un drappello di bersaglieri comandato da un sottotenente, senza squilli, improvvisamente fece fuoco contro la folla inerme uccidendo e ferendo uomini e donne. Dieci morti e venti feriti. Soldati illesi. Dopo tale assassinio che ordinò il fuoco non è ancora stato arrestato". Giornale di Sicilia dell'11 dicembre 1893. Il corpo delle guardie campestri venne sciolto con deliberazione consiliare del 20 dicembre 1893 mentre il Consiglio Comunale venne sciolto con Decreto Regio del 7 Gennaio 1894 e venne nominato come Regio Commissario Straordinario il Sig. Antonino Abbate di Lungarini fino alle elezioni del 15 aprile del 1894. Va ricordato che A.Abbate di Lunarini dice a proposito dei fasci ed in particolare delle condizioni socio-economiche di Giardinello in quel periodo: "Qui quasi tutte le famiglie possiedono la casa e il campicello; qui miseria vera non esiste, infatti l'emigrazione e la delinquenza, indici più sicuri della miseria, sono parole sinora ignorate. Qui, può affermarsi con serena coscienza, il popolo mite ed ignorante fu trascinato al disordine dal contagio di Comuni vicini, dall'opera deleteria di abili mestatori che lo illusero con la possibilità della conquista di un irrealizzabile benessere, con la prospettiva della abolizione di ogni sorta di tasse, ed incoscio di quel che facesse, dove cercava la felicità, la terra promessa, trovò la desolazione e la morte". Il periodo che seguì fino alla fine della prima guerra mondiale fu segnato della miseria e dalla precarietà sociale e molti preferirono emigrare verso la Tunisia, Argentina, Brasile e Stati Uniti. Si giunse al fascismo, alle guerre d'Africa e di Spagna, alla seconda guerra mondiale. Intorno al 1941 si ebbe il fenomeno del separatismo siciliano che ebbe un suo paladino nel bandito Salvatore Giuliano che aveva il suo quartiere generale tra Montelepre e Giardinello. Molti furono i giovani che si unirono a Giuliano, affascinati dalle sue imprese e dalla possibilità di andare a combattere nell'E.V.I.S.(Esercito Volontari Indipendentisti Siciliani). Dopo tali fatti la storia di Giardinello come quella di tanti altri Comuni siciliani prosegue senza particolari fatti eclatanti. Si può dire solo che la popolazione del paese si è contraddistinta per la laboriosità e per i sacrifici che ha saputo affrontare per la costruzione di un notevole patrimonio edilizio tanto che quasi tutti possiedono una casa di proprietà.